Pietro Consagra. Immagini vaganti, Galleria Tommaso Calabro, Milano

Pietro Consagra. Immagini vaganti. Tommaso Calabro Galleria d'arte, 2022, ph. Riccardo Gasperoni
Pietro Consagra. Immagini vaganti. Tommaso Calabro Galleria d'arte, 2022, ph. Riccardo Gasperoni

PIETRO CONSAGRA. IMMAGINI VAGANTI
30 settembre-10 dicembre 2022
TOMMASO CALABRO GALLERIA D'ARTE, PIAZZA SAN SEPOLCRO 2, MILANO

La Galleria Tommaso Calabro è lieta di annunciare “Pietro Consagra. Immagini Vaganti”, una mostra dedicata a un grande protagonista dell’arte moderna, Pietro Consagra (1920-2005), in cui si svelano aspetti ancora poco noti del suo lavoro.

Il progetto, il terzo della serie a cura di Paola Nicolin dove dialoghi tra autori del moderno sono stati pensati come occasioni di letture inedite del lavoro artistico, nasce da una ricerca della curatrice legata a uno specifico corpo di opere di Consagra, meglio note come Lenzuoli, dipinti con colori lavabili realizzati dall’artista a partire dal 1967, anno del suo arrivo nella città americana di Minneapolis per un periodo di insegnamento. Seguendo il tracciato delle storie delle mostre dell’artista è possibile leggere quanto in questa produzione sottile e volatile sia confluita una sequenza di intuizioni, temperature e cambi di passo che, parallelamente alla messa a punto di un discorso pratico e teorico sul tema dello spessore nella scultura, hanno portato Consagra a trovare nella pittura dei Lenzuoli un campo di sperimentazione libero e liberatorio: quasi un flusso inconscio di “immagini vaganti” – come scriveva lo stesso artista nel 1974 nel testo di introduzione all’esposizione “Variazioni di Pietro Consagra. Quattro lenzuoli dipinti a mano”, presso la galleria Multicenter di Milano – che facevano da contraltare alle istanze e ai manifesti sulla scelta radicale di una scultura frontale.

E fu proprio in una precedente mostra milanese, presso la Galleria dell’Ariete di Beatrice Monti del 1967, che questo cambio di passo viene sentito da Carla Lonzi, che segue Pietro Consagra in America. Nel dialogo tra i due emerge il cambiamento di sensibilità. Una sensibilità che la selezione delle opere in mostra (che vede esposte opere che datano dal 1965 agli anni Novanta, tra cui un Piano sospeso, Piani appesi, Sottilissime, Mobili bifrontali, Paracarri, Controluce, Giardini, Inventari) desidera proporre come viaggio intimo, personale ed emotivo nell’universo domestico di Pietro Consagra, a tu per tu con lo spettatore.

Il percorso espositivo parte da una libera ricostruzione di un frammento della mostra presso la Galleria dell’Ariete che grazie alle fotografie di Ugo Mulas, con il quale Consagra pubblica il celebre testo “Fotografare l’arte” nel 1973, trasformano le prime sale in un innesto di storia delle mostre e insieme un capitolo di storia privata. Le opere poi si susseguono una nell’altra a testimoniare la felice libertà con la quale Consagra trattava la scultura fatta di colori, superfici, aria, suono. Le opere protagoniste, dunque, di questo viaggio sono quelle più intime e private che due amanti condividono: un letto, delle lenzuola, un gioiello, una fotografia… Così facendo si desidera restituire una inedita tonalità “volatile” della ricerca di questo artista spesso affrancato all’idea di materia e una natura dialogica, relazionale della sua scultura.

Carla Lonzi: “Negli ultimi due – tre anni dai Piani sospesi sei passato ai Ferri trasparenti girevoli, ai Piani di alluminio appesi alle pareti come se fossero dei quadri. Si può notare come questi nuovi aspetti del tuo lavoro abbiano un carattere particolare che mi sembra in relazione a certe premesse di origine del tuo lavoro. Qual è questo legame?

Pietro Consagra – Il legame più evidente è un legame tecnico che proviene dal costruttivismo. Io ho sempre costruito una scultura. L’ho disegnata, ho preso del materiale – laminati metallici o assi di legno – li ho ritagliati, incollati, saldati, inchiodati, e quindi già tecnicamente la mia scultura si distingue da tutta la scultura modellata in genere. Però l’aspetto dominante del mio lavoro, che coincide da un lato con la mia particolare sensibilità di scultore e dall’altro con una scelta diciamo cosciente, ideologica delle possibilità della scultura, è la frontalità. […] La frontalità è nata dentro di me come alternativa al totem, cioè alla scultura che doveva sorgere al centro di uno spazio ideale. Presentando un’urbanistica diversa, cioè quella della frontalità, mi sono tolto dal proposito di occupare uno spazio al centro del quale costruire qualcosa, un punto di attenzione convergente. La frontalità io l’ho sentita come un ridimensionamento delle pretese che si erano accumulate intorno alla scultura, pretese religiose, sociali, di ordine costituito passato o futuro; ho voluto scaricare la scultura da tutte quelle pretese di simbolo per creare un rapporto più diretto, frontale appunto, a tu per tu, con lo spettatore. […] (in C. Lonzi, “Intervista a Pietro Consagra”, in Consagra, catalogo della mostra, Milano, Galleria dell’Ariete, inaugurazione 8 giugno 1967).

Si ringraziano l’Archivio Pietro Consagra e l’Archivio Ugo Mulas per aver reso possibile questa mostra.