BIOGRAFIA
Nato nel 1920 a Mazara del Vallo (Trapani), Pietro Consagra studia all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Nel 1944, per sentirsi nel “cuore pulsante della creatività”, si trasferisce nella Roma appena liberata dalle truppe americane, e diviene amico di Turcato, Mafai e Guttuso con il quale condivide lo studio.
Nel dicembre 1946 visita a Parigi gli atelier di Brancusi, Giacometti, Laurens, Hartung, Adam, che conserva molti gessi di Picasso, e la casa di Pevsner. Diviene amico di Gildo Caputo, allora direttore della Galerie Billier, e di Alberto Magnelli. Al rientro a Roma, irresistibile è l’impulso di uscire dal già fatto. Il 15 marzo 1947, con Accardi, Attardi, Dorazio, Mino Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato, scrive, nello studio in via Margutta 48, il manifesto che sarà pubblicato nel primo numero della rivista “Forma” in cui gli artisti dichiarandosi “formalisti e marxisti”, intraprendono una battaglia contro la deformazione picassiana e il romanticismo metafisico in nome dell’astrattismo, unico linguaggio, a loro avviso, ancora in grado di operare un profondo rinnovamento dell’arte. Da via Margutta, dopo pochi giorni Guttuso si trasferisce in un grande studio a Villa Massimo e Consagra rimane da solo.
Nell’ottobre 1947 i fondatori del gruppo Forma, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli e Turcato tengono la prima mostra alla Galleria dell’Art Club di Roma, mentre Accardi, Attardi, Sanfilippo espongono poco dopo, nel novembre, alla Galleria Mola. Prampolini nel bollettino dell’Art Club del dicembre 1947 – gennaio 1948 considera che “lo scultore Consagra nella grande composizione verticale è l’unico, tra i suoi colleghi, che abbia raggiunto un’autonomia d’espressione integralmente astratta”.
Nel 1949, Con Arp, Brancusi, Pevsner e altri, partecipa alla mostra di scultura contemporanea, curata da Giuseppe Marchiori, nel giardino di Palazzo Venier dei Leoni a Venezia (Fondazione Peggy Guggenheim) acquista per la sua collezione una prima opera di Consagra, di grandi dimensioni. Opponendosi alla crisi espressa nel testo La scultura lingua morta (1945) dal vecchio Arturo Martini che non aveva intrapreso la strada dell’astrattismo, Consagra scrive in risposta il saggio Necessità della scultura (1952).
Quasi un’esigenza di ordine morale, spinge Consagra a liberare la scultura dalla tridimensionalità che instaura sempre, a suo avviso, un centro autoritario. La visione frontale nasce dentro di lui come un alternativa ricca di aperture, come un ridimensionamento che può alleggerire la scultura dal peso di tutto un bagaglio storico, ormai superato, e portarla all’essenziale dei concetti, nella certezza che ponendo l’oggetto vis-a-vis con l’osservatore, il dialogo sarà immediato.
“L’ubicazione frontale, egli stesso scrive, come altra mentalità mi è stata risolutiva per continuare a fare lo scultore. Scoprivo che più della scultura per me era primaria l’uscita dal centro: l’ubicazione come significato. Introducendo l’Ubicazione come elemento plastico, potevo osservare la scultura in modo che altrimenti non si sarebbe rivelata”.
Invitato a tenere mostre nell’Europa e nelle due Americhe, Consagra si afferma con la sua inconfondibile scultura che instaura una filosofia della superficie, una superficie non liscia e non volumetrica, ma costruita da piani sottili accostati o sovrapposti che, come uno schermo, si pone in una situazione favorevole al dialogo spirituale, alla visione sincronica. Colloqui è infatti il titolo collettivo delle sculture in bronzo, realizzate a partire dal 1952, che vengono presentate nella XXVIII Biennale di Venezia, del 1954 e del 1956. Nelle stesse esposizioni Biennali a Venezia mostra i Legni Bruciati del 1954 e del 1956. Nella esclusività dell’unico punto di vista e nelle forte componente espressiva di un’astrazione psicologica, queste opere stabiliscono la logica soggettiva di un rapporto più diretto, frontale appunto, a tu per tu, con lo spettatore. La partecipazione alla III Biennale di San Paolo del Brasile nel 1955 (dove ha ricevuto il premio d’acquisto “Metallurgica Matarazzo”) e la sala personale alla Biennale di Venezia del 1956, con i bronzi e i legni bruciati acquistati da collezionisti e musei americani, determinano un successo internazionale. Per il ritrovamento del concetto di scultura, in questa Biennale di Venezia del 1956 riceve il premio Einaudi, nel 1958 gli viene conferita l’Honorable Mention del Carnegie Institute di Pittsburg, e, nel 1959, il Prix de la Critique Belgique a Bruxelles.
Dopo le mostre personali al Palais des Beaux- Arts di Bruxelles (1958) alla World House di New York (1958) e alla Gallerie de France di Parigi (1959), è presente a Documenta II di Kassel nel 1959. Nel 1960 è nuovamente invitato, con una sala personale, alla XXX Biennale di Venezia, e la giuria internazionale gli assegna il Premio della Scultura.
L’avventura creativa di Consagra, pur avendo un significato europeo, scrive Nello Ponente, è tale che “nessun’altra scultura può esserle posta accanto, alla ricerca di un paragone inesistente”. Nel 1962 le Editions du Griffon di Neuchatel pubblicano una monografia di Consagra con testo di Giulio Carlo Argan in quattro lingue. Nello stesso anno Consagra espone al Solomon Guggenheim Museum di New York e nel 1964 partecipa a Documenta III a Kassel.
Con l’avvento della Pop Art, Consagra vive un momento di riflessione, in cui si dedica con intensità alla pittura a smalto, che lo porterà ad una significativa svolta: la scultura colorata e bi frontale dei Piani Sospesi (1964) . In queste opere e nella serie di Ferri trasparenti, del 1965-66, rosa, gialli, viola, blu, bianchi, turchesi, dal profilo curvilineo e i piani che si frammentano e gonfiano, come per levitare, la tensione ideologica dei primi Colloqui si stempera nella sensualità di un linguaggio più estroverso. La mostra personale al Boymans van Beunigen Museum di Rotterdam del 1967, presentata in catalogo da Maurizio Calvesi,testimonia la felicità del nuovo momento creativo.
A fine agosto delle stesso anno si reca negli Stati Uniti per un soggiorno di un anno. Insegna alla School of Arts di Minneapolis ed è invitato a partecipare alla mostra Sculpture from Twenty Countries al Solomon Guggenheim Museum di New York, città dove, nello stesso ottobre 1967, ha una personale alla Malborough Gerson Gallery, in cui presenta i Giardini, i Ferri Trasparenti e i Piani Appesi (1966-1967). Nell’intervista pubblicata in catalogo, a Carla Lonzi lo stesso artista dichiara:
“…ora le immagini non sono più differenziate e in colloquio nello schema quadrangolare, una direttrice a spirale da origine ad un immagine unica. Vado con la spirale dal dentro verso il fuori e dal fuori cerco di ritornare verso il dentro:per me è come respirare“.
L’emozionata mobilità dei Ferri Trasparenti, che sono girevoli, prelude ad un elemento espressivo ulteriore della bifrontalità che ha raddoppiato il punto di visione.
Già il Colloquio col vento del 1961, anch’esso girevole, elaborato, nei piani che si sfogliano, sui due fronti, aveva questa caratteristica. Successivamente, nel libro La città Frontale, scritto dall’artista nel 1968 e pubblicato l’anno successivo, compaiono due Spessori in alluminio del 1967, realizzati prima del viaggio negli Stati Uniti, che alludono al sesso maschile e femminile, concepiti insieme (nell’eguale spessore di cm. 20 e nella stessa altezza di cm.30) e quindi di eguale risalto. Nello stesso libro, nel capitolo Città Frontale e sesso, dopo un inedita analisi del paracarro, capolavoro degli architetti rinascimentali, simbolo di virilità come forma intimidatoria di potere, Consagra pone l’accento sul fatto che nella Città Frontale la virilità è “una capacità vitale proporzionata al desiderio di accompagnarsi con la persona che ha scelto”,in una parità che la singolare coppia di Spessori ha già preannunciato.
Nelle Sottilissime del 1968, l’artista sperimenta lo spessore minimo dell’opera bifrontale, portando la superficie a due decimi di millimetro. Più sottile di un decimo di millimetro la lastra si piega, generando Sottilissime Impossibili. Contemporaneamente, Consagra propone, in scala, Edifici Frontali (1968) in acciaio dal massimo spessore possibile nell’ambito della bi frontalità (sei metri), avvolgenti forme abitabili, a “nastro continuo”, nelle quali è bandito l’angolo retto. Nella Nuova Città Frontale, nuovi saranno i rapporti tra gli abitanti ed un’architettura che è opera d’arte nello spazio “mobile, provvisorio, trasparente, paradossale”, aperto alla mutabilità delle scelte.
Prima di partire dagli Stati Uniti nel maggio del 1968, Consagra colloca un ultimo lavoro nella sede della General Mills, a Wayzata nel Minnesota, la grande bifrontale scatolare Solida e Trasparente, dalle forme sinuose che lasciano intravvedere l’ambiente retrostante.
Dal 1969 Consagra inizia a lavorare anche a Milano. La riflessione sul valore dello spessore attinente al concetto di ubicazione frontale e la possibilità di aumentare, con esso, la solidità della scultura bifrontale di grandi dimensioni, suggerisce all’artista di utilizzare il marmo che, dal 1972, lo affascinerà per la varietà del materiale e del colore. Opere come le Pietre Matte di San Vito (1972), appaiono, semplici come archetipi, nella personale al Palazzo dei Normanni a Palermo nel 1973, mentre nella successiva esposizione al museo di Castelvecchio a Verona, nel 1977, funamboliche Muraglie (1976) si impongono nelle grandi dimensioni. Entrambe le rassegne sono curate da Giovanni Carandente, con Licisco Magagnato a Verona.
Il colore, dai bruni dei Legni Bruciati (1954) ai Ferri Trasparenti era già stato un elemento caratterizzante della scultura di Consagra. Ma la preziosità delle opere in marmo, associata alla smaterializzazione, tipica della visione frontale, costituisce una sfida che l’artista risolve nel controllo del suo temperamento, in una scultura articolata, rigorosa, edonista. Edonista per quanto è possibile ad un siciliano che vuole superare la sua posizione geografica, per non essere soltanto mediterraneo, ma iniziatore di una civiltà di immagine “che si esprime in modo così autonomo da costituire un opposizione”, come scrive Carandente.
Nella XXXVI Esposizione Internazionale Biennale di Venezia, per entrare nelle mostra Aspetti della scultura italiana, occorreva passare attraverso l’Environnement di Consagra La Trama (1972): sette sculture in legno, alte circa tre metri, intenzionalmente fissate troppo vicine le une alle altre in modo da rendere il punto di vista inadeguato ad una osservazione totale di ogni singola opera. A Consagra interessa infatti evidenziare un altro tema della frontalità: l’attraversamento come coinvolgimento dello spettatore, partecipazione di una trama.
Nel 1980 per l’autobiografia Vita mia, edita da Feltrinelli, Consagra riceve il premio speciale Mondello.
Nel 1982 l’artista partecipa alla XL Biennale di Venezia con un unico grande Addossato, davanti al quale viene eseguita una musica frontale della durata di sessanta minuti. Negli Addossati in marmo, realizzati a partire dal 1976, si può notare un altro aspetto della bi frontalità. Due elementi di diverso colore e di diversa forma, congiunti a ridosso in modo che l’uno lasci intravvedere parte dell’altro, costituiscono, legati insieme, due immagini opposte sui due fronti. In egual modo strumenti a fiato, la voce umana e suoni elettronici, vengono addossati gli uni agli altri per creare un intensificato “fronte sonoro”.
Nel 1983, nella Gibellina nuova, edificata dopo il terremoto del Belice, del 1968, Consagra realizza il Meeting, edificio frontale in muratura, ferro e vetro, derivante da un progetto del 1972 che, nel profilo a curva continua, palesa la sua struttura portante e all’interno, al posto delle scale, ha dei camminamenti inclinati. Nello stesso 1972 aveva progettato per Gibellina anche un Teatro Trasparente, con il palcoscenico bi frontale e due opposte platee da cui gli spettatori potevano, a loro volta, osservarsi, iniziato ad edificare nel 1992 e ancora oggi non finito.
“Ancor più sensibile ai problemi dello spazio circostante di Picasso e Boccioni”,come dive A.M. Hammacher, nelle Muraglie (1976),come negli Addossati (1976), nelle Porte (1990) e nelle Facciate (1996), nell’immediata visione all’esterno della bifrontalità, mette in rapporto due diverse prospettive e due linee d’orizzonte contrapposte. Invariato rimane in lui il procedimento di aggiungere e collegare elementi indispensabili l’uno all’altro in un’unica immagine, che è quindi tipico anche delle opere a grande scala, destinate alla città, come La Stella di Gibellina (1982) in acciaio, alta 28 metri, e La Porta del Cremlino n°10 (1990) in marmo rosso di Verona e Botticino, di sei metri per otto, esempi di scultura da attraversare.
Nel documentario televisivo Pietro Consagra, un classico dell’arte (1987), a cura di Antonia Mulas, Argan esprime un giudizio complessivo:
“Io considero che il percorso che ha fatto la scultura di Consagra, sia un percorso estremamente coerente giustificabile in tutti i suoi passaggi e che è particolarmente importante la dimostrazione reale, fisica che ha dato alla sua concezione vasta delle spazio in senso ambientale- non voglio usare la parola scientifica “ecologica”ma “ambientale”- attraverso delle grandi composizioni che non sono più soltanto delle proposte o delle ipotesi di rapporto con lo spazio ma sono veramente una realizzazione di un nuovo rapporto tra oggetto e spazio. […] Inserire nell’ambiente delle opere che non rispecchiassero soltanto l’ambiente ma lo mutassero […] questo a me pare uno degli aspetti più originali e nuovi dell’opera di Consagra”
Nel 1989 la Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma dedica all’artista un ampia retrospettiva, curata da Anna Imponente e Rossella Silicato, e pubblica un catalogo con testi di R.Harnheim, A.Monferrini ed altri. La mostra Consagra colore al Palazzo Steri di Palermo, curata nell’aprile del 1991 da Eva di Stefano, mette a confronto la pittura e la scultura di Consagra che, nell’esperienza dei Pianeti (1987) ,si sono fuse insieme. Nel 1991, nella personale al Museo Ermitage di San Pietroburgo, l’artista espone le Porte del Cremlino, simbolo di transitorietà e del prezioso richiamo all’uso di scegliere. Per la mostra Consagra scultura e architettura, a Milano, del 1996, installa la grande Porta all’entrata del palazzo di Brera e presenta gli Edifici e le Facciate di Ghibli Città Frontale, in cui un eccitato vento sembra determinare la libera spazialità di forme inclinate. A Roma nel 1997, viene inaugurata a Largo S.Susanna la scultura bifrontale in marmo di cinque metri: Giano nel cuore di Roma.
Nell’antologia al museo di Darmastad, Institut Mathildenhohe,curata da K.Wolbert nel dicembre 1997, realizza al vero due piani di una Facciata di Ghibli Città Frontale. Nel 2003, nella monumentale Doppia Bifrontale di quattro metri per sei, collocata davanti al Parlamento Europeo di Strasburgo, due bianche immagini, congiunte di fianco, rappresentano l’inizio di un nuovo lavoro. Muore a Milano nel 2005.